FERMIAMO LA STRAGE
SISTEMA ITALIA A RISCHIO INFARTO
pubblicato su Kairòs News
Dall’inizio dell’anno sono circa trenta gli imprenditori che si sono tolti la vita, perché la loro azienda è in affanno, la loro creatura rischia il fallimento. È un fenomeno sociale che non può lasciare indifferenti. Nella storia non è mai accaduta una carneficina simile. Per archiviare in fretta il caso, bolliamo l’episodio con un banale “è colpa della crisi” e crediamo di aver dato una sistemata al nodo della cravatta della nostra coscienza, siamo a posto, possiamo continuare la nostra esistenza, questa sì in modo banale!
Siamo abituati a vedere i piccoli e medi imprenditori come evasori, imbroglioni, esseri poco più che spregevoli sempre pronti a tenderci un’imboscata. Ci sono anche questi personaggi tra loro, certo, proprio come in qualsiasi altra categoria di lavoratori (l’operaio che si porta a casa il dentifricio dalla catena di montaggio, l’impiegato che telefona dall’ufficio alla zia all’estero, il manager che riceve regali personali per alcune scelte operative, il dipendente pubblico che manco si ricorda qual è la sua mansione), ma la gran parte di loro è gente che dà la vita per la sua impresa, si prende cura dei propri dipendenti come fossero membri della sua famiglia, affronta con dignità e sacrificio ogni singolo giorno, non sopporta l’onta di non riuscire a traghettare con serenità il presente delle famiglie, di cui si è assunto l’onere, nel loro futuro.
Se il nostro paese è tra i più evoluti al mondo, i meriti non sono dei colossi come la Fiat o l’Olivetti o le grandi banche, i cui azionisti si sono arricchiti sulle nostre spalle e ci hanno sempre tenuti in ostaggio. Hanno sempre investito con i soldi pubblici, ma hanno tenuto per sé gli utili, hanno assunto fiumi di persone che servivano come merce di scambio e ce li hanno infiocchettati e restituiti quando fiutavano altri affari. Il tutto con l’avallo della politica.
Le piccole e medie imprese rappresentano il cuore dell’Italia, sono la linfa del nostro sistema paese, abbiamo delle realtà che rappresentano delle eccellenze mondiali, eppure sembra che le nostre istituzioni nemmeno ci facciano caso con politiche approssimative non confacenti alle reali esigenze del paese.
Le imprese italiane affogano nelle sabbie mobile della burocrazia, si imbattono nel cappio finanziario delle banche con linee di credito assolutamente inadeguate, inciampano nelle carenze delle infrastrutture. In Italia fenomeni come Gates, Jobs, Soros o Buffett sono praticamente impossibili. Gente che ha cominciato in garage o con una scrivania senza imbattersi in inutili maglie burocratiche, ma con la fiducia delle banche disposte ad investire su di loro, su un’idea. Negli Stati Uniti d’America in un giorno e senza soldi è possibile cominciare un’attività imprenditoriale, in Italia occorrono anche mesi e diverse migliaia di euro di base. L’imprenditore onesto, a parità di reddito, paga più tasse di qualsiasi altro lavoratore, non è tutelato contro la criminalità, non ha supporti nella sua impresa. La contraddizione tutta italiana è che siamo limacciosi ed opprimenti con cavilli e regole e controlli invasivi, ma se, invece, decidi di operare illegalmente, puoi agire indisturbato per anni senza regole e controlli. È così che siamo tra i primi paesi al mondo per livello di sommerso.
Abbiamo l’obbligo di invertire la rotta e permettere la crescita e la rinascita delle imprese e del paese. Tanti si lamentano della crisi e della recessione. Io credo che la nostra sia una crisi più emozionale che strutturale. Ne abbiamo paura e per questo la alimentiamo, ma credo che per sconfiggerla dobbiamo combatterla. Combatterla significa creare una condizione politico-economico-finanziaria che agevoli lo sviluppo delle imprese. Sviluppare un’impresa significa creazione di posti di lavoro per i giovani e le persone over cinquanta. Aumento delle assunzioni significa stabilizzazione delle pensioni. Questo flusso produce il benessere delle persone. Persone soddisfatte e serene creano uno Stato forte e solido.
Persone così non hanno l’esigenza di uccidersi. Quest’inizio d’anno è stato il turno degli imprenditori. Continuando così, fra poco sarà il turno degli operai, degli impiegati, gente come noi che incontriamo per strada e conosciamo. È questo che vogliamo? Avere sulla coscienza l’omicidio del nostro vicino di casa?
Obama direbbe “Yes, we can!” e il parlamento americano si metterebbe all’opera all’istante. Monti non ha lo stesso fascino, mi rendo conto, ma dica quello che gli pare, purché i nostri politici cambino registro. Ora!