Dal porticato

pubblicato su Kairòs News

Leggere Ottavio Mirra è fare un tuffo nel mare profondo, come quello di Salvatore, uno dei primissimi personaggi della raccolta “Dal porticato”. Un mare fatto di umanità e parole cristalline, significati limpidi, scene mai volgari, anche quando parla di prostitute e truffe, mai banale e mai scontato nella fluidità della lettura e nei finali.

Le frasi sono asciutte, chiare, arrivano dritte al punto, niente fronzoli, nessun giro di parole. Sono gli strumenti di chi ti dice la verità pensando a te, senza il timore di dover abbassare lo sguardo.

Sembra di entrare nella tua stessa vita, perché i personaggi che si raccontano fanno parte del quotidiano, ne riconosci ad uno ad uno i tratti, somatici e caratteriali, li incontri per strada, sono amici o parenti o conoscenti. I luoghi hanno un’anima, ne senti il respiro e ti influenzano. Le descrizioni sono coinvolgenti, nitide, materializzano persone e posti.

Tra le pieghe delle pagine si nasconde una poesia romantica e per niente sdolcinata, composta con le emozioni, le parole, i sentimenti forti e veri. Non ti arriva solo al cuore ma, in qualche modo, ti resta addosso, si appiccica come una seconda pelle e ti protegge dalle ustioni che provoca la realtà. La scrittura è calma, non urlata, consapevole, quasi, di lasciare un messaggio positivo.

Ci sono quattordici racconti, tutti, nessuno escluso, scandiscono un tempo di riflessione, ognuno rappresenta una scultura. Ti accorgi che ogni singola parola non è soltanto una parola che segue o che ne precede un’altra, è messa lì con uno scopo e solo dopo un pensiero, lungo, laborioso. È scolpita, insomma, per scoprire un’opera d’arte da un blocco di marmo.

Salvatore e Annibale così diversi, ma molto più simili di quanto ci si aspetti. La bellezza di Graziella nei suoi difetti. La forza di Simonetta che interroga San Pietro. Attilio e Sante Travaglio e le loro paure. Potrebbero sembrare i protagonisti dei racconti, ma sono soltanto delle ottime spalle, mentre il vero, unico protagonista altri non è se non il lettore, costretto, suo malgrado, dall’autore ad interpretare i ruoli ed interpretarsi, interrogarsi, a leggere le pagine e a leggere sé stesso. E dopo, resta un solco scavato e da colmare, ma che inorgoglisce e rasserena. E ti accorgi che ne avevi proprio il bisogno!

Ritrovandomi questo libro tra le mani, ho avuto il timore che leggerlo fosse un dovere. Il doverlo leggere per curiosità, trattandosi di un’opera prima, il doverlo leggere perché ammiro la scrittura dell’autore, scoperta casualmente in un reading anni fa, il doverlo leggere per poi scriverne in queste righe.

Ho constatato il piacere, già alla prima pagina, di rallentare il ritmo man mano, per concentrarmi meglio sulle singole scene, sì, ma, soprattutto, per gustarne appieno i profumi, i vapori, i riflessi, come quando riscaldi un ballon tra le mani, guardi il colore, annusi e attendi che le esalazioni ti arrivino al naso, chiudi gli occhi, assaggi e aspetti l’esplosione del cognac che, dalle papille, si diffonda a tutto il corpo.

Da oltre duemila anni, lo scrigno di mirra è un dono che ogni anno, puntuale, arriva. Oggi, questa raccolta di Mirra dona a noi, invece, a ciascuno di noi, la possibilità e la responsabilità di essere migliori. Dire grazie è un piccolo gesto, con un grande effetto per chi lo dice e chi lo riceve e, alla fine del viaggio, si sente il dovere di ringraziare Ottavio per questo grande patrimonio che ci ha regalato.

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