È un libro di sentimenti forti e contrapposti, ma mai distanti.
Solo Marilena Lucente poteva realizzare un’opera sulle donne, così difficile per le donne, senza il rischio di deragliare nella demagogia, nell’aria delle parole vuote, dette perché dovute, ma non proprie.
Così la scelta delle protagoniste: non donne semplici, con percorsi lineari, idolatrate magari, dal like facile, per intenderci. Donne, invece, con addosso decisioni definitive, discusse, che hanno fatto scelte determinanti, definitive. Con coraggio e follia.
Leggere questo libro non è leggere l’autrice, che è riuscita a farsi “da parte”, però rimanendo vigile, è parlare direttamente con Medea, Didone, Penelope: sentirle pronunciare parole che fanno male “Le mie parole non gli parlavano più“ …che c’è di peggio? Come si fa a non andare avanti e volerne sapere di più?
È prosa, d’accordo, ma – so di averlo già detto per un altro suo libro – è strapiena di poesia, di quella che ti fa stare bene, quella che dà un senso alla lettura, alla serenità, alla vita.
Ogni racconto, ogni pezzo dell’avventura delle tre donne è un distillato di parole, ognuna al posto giusto, nessuna di troppo, ognuna con un ruolo preciso e un’anima propria. A “Medea è un nome addormentato che abita tutte le donne” …cosa si potrebbe aggiungere se non un applauso?
La scrittura di Marilena Lucente non è mai banale, mai una frase fatta, ti prende per mano e ti porta in giro per le pagine, nelle pagine, senza farti sentire il peso di diventarne dipendente e, per questo, senza lieto fine, perché all’ultima riga hai terminato un viaggio che speravi durasse di più.
Comprare “Trilogia delle donne dell’acqua” non è acquistare un libro, è un biglietto per il Paradiso, con Beatrice come guida. Grazie Marilena!