Whitaker

Il profumo del fumo, nella notte scura, illuminata dalla fiamma aranciata, il caldo della brace che avvampa la faccia, il fuoco che scricchiola, il rumore del vuoto intorno, di mare o di montagna, non importa, l’aroma della carne cotta sotto la cenere. È tutto magico. E mistico, quasi.

Nel buio, pesto e nero, non come il falso buio di città, conosci chi sei, frequenti te stesso, ti innamori, scopri il vino e le chiacchiere, i baci e la chitarra, le carezze e le battute sconce, i gesti osceni e gli occhi complici.

Provi sentimenti che non riesci a rivivere, o solo a spiegare, altrove. Il vissuto diventa poesia.

È in campeggio che si cresce e si sviluppa l’anima. Svelo un segreto: non tutti ce l’hanno, l’anima o, meglio, c’è, da qualche parte, ma ad alcuni resta assopita, ibernata. Per sempre.  

L’indomani, non ti ricordi i fatti raccontati o quelli accaduti, ma ti ricordi, nitidi, forti, scolpiti nella mente, delle emozioni e di quei sensi rianimati.

Fa niente che quel profumo di fumo diventi la puzza che ti porti addosso anche dopo la doccia, la carne dura e secca e sporca di cenere, le dita scottate e le persone intorno, meno magiche. Per quello che resta dentro, ne vale sempre la pena.