Elon Musk, acquista Twitter, entra con un lavandino in mano e 5 minuti dopo licenzia 5 top manager (tra cui il CEO, scortato fuori dalla sicurezza). Nella foto è nella hall con i dipendenti. Scopriranno che il 25% sarà licenziato entro novembre (ha chiesto ai manager di stilare un elenco dei dipendenti da tagliare in tempi rapidi, in particolare vendite e ingegneri).
A chi gli ha chiesto per quanto tempo intendesse restare amministratore delegato della società, ha risposto
«Il mio titolo è Chief Twit. Non ho idea di chi sia il Ceo»
C’è chi gli dà del ciarlatano, dell’imbonitore, chi del genio, del visionario. Si può non concordare con il suo approccio al business, ma non si può prescindere dalla storia personale per analizzarne il comportamento.
Quando esce da Paypal (di cui è stato cofondatore), incassa circa 180 milioni di dollari. Decide di puntare tutto, non metà, non 179 milioni, ma proprio tutto sulle sue intuizioni (Space X, Tesla, Solar Roof, The Boring Company, Neuralink, OpenAI, Hyperloop). O vince o perde, senza mezze misure.
È per questo che gli investitori gli credono. Spendono per acquistare “aria mista a chiacchiere”, senza vedere un $ di utili, 0 di dividendi. E i consumatori acquistano auto che ancora non esistono.
Musk vale molto più del suo prodotto.
Dall’esterno sembra un modo di fare affari pericoloso, spietato, subdolo (vedi Bitcoin e la trattativa stessa di Twitter). Forse è uno che vive altrove nel futuro e per questo calpesta chi gli sta intorno nel presente: perché non se ne accorge, lì lui c’è stato vent’anni prima e non c’era nessuno.
Musk rappresenta un modo di essere capo completamente diverso e fuori dai dettami e dagli schemi attuali, ma ha indiscutibilmente la stoffa del leader.
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