La censura non ha mai portato niente di buono, soprattutto quando si trincera dietro un falso politically correct, che è solo perbenismo di facciata.
La censura dei libri di Roald Dahl da parte di Puffin e degli eredi è solo un teatrino patetico, ridicolo, un calcolo mercificato della sua arte. Ignobile. Si sarebbero permessi di fare altrettanto, se fosse stato in vita? Andremo a toccare gli scritti di tutti gli scrittori?
Mo’ ci dobbiamo aspettare pure i roghi dei libri in piazza, giusto per fare bella figura (o ‘na bella figura demme’)?
O perché non andare a coprire “le vergone” di statue e quadri, come una boutade deficiente di qualche tempo fa?
Non voglio certo lamentarmi visto che è solo uno, ma ecco, è lì a ricordarmi che sono fatto della stessa materia dell’uomo comune. Uno di voi, insomma.
Però vuoi mettere la soddisfazione delle azioni che ne conseguono? Se qualcuno avesse da ridire, potrei incolpare lui, il mio carattere, e corro via leggero, senza scrupoli.
È tanto più eclatante quando viene fuori, perché i più mi riconoscono modi affabili e gentili. Il guaio è che, questi più, in maggioranza siano degli idioti e restano straniti quando li mando a fanculo cantandogliene quattro (quarantaquattro, in realtà), mostrando il mio lato bestiale, insensibile e senza cuore. Forse pure screanzato.
Non li reggo, non so che farci. Sulle prime mi riprometto di tacere e non considerarli, ma alla fine reagisco, a volte maldestramente e malamente, però con giustizia e onestà intellettuale.
L’istinto primitivo di discendente del cavernicolo mi vorrebbe portare a dargli un pugno su quell’espressione stolida, non avendo più la clava a disposizione. Riesco a trattenerlo nella mano, e poi ne sono felice. Salvo la dignità, almeno.
Ecco perché nell’ultimo cda ho fatto presente che chi non sa far applicare i contratti, dovrebbe dedicarsi ad altro. Detto così suona bene. Nella realtà è venuto fuori molto meno carino, senza la possibilità di farmi guadagnare punti: ho urlato, guardando dritto sulla faccia del malcapitato, declinando a una a una le incapacità e suggerendo, oltre alla corretta esecuzione, pure quale personaggio scemo dei fumetti sarebbe, invece, stato in grado di farlo senza problemi.
Almeno al lavoro, potrei liberarmi degli idioti esercitando il mio potere e il mio ruolo, lo so, ma vorrei che ognuno avesse il decoro dell’autoanalisi oggettiva, ammettere le proprie incapacità e togliersi dai piedi. Lavoro per un mondo migliore, quindi. Cerco di far crescere i miei interlocutori e collaboratori, ma molti sovrastimano sé stessi e, così, anziché ammettere di essere inetti, dicono che lo stronzo sia io.