Il rumore delle nocche sulla porta aperta mi ha fatto fare un piccolo balzo. Lei se n’è accorta e si è scusata, senza averne colpa. Dopo che è uscita, quel “senza averne colpa” è continuato a starmi in testa, inceppato tra i pensieri.
Lavora con noi da quando ci siamo conosciuti in aereo. Lei stava con la figlia, io col terrore di essere infastidito. Dalla mocciosa intendo.
Tornavo da una negoziazione tesa e lei da un colloquio. Entrambi appesi ad altri e non stavamo comodi, in quei panni. Una persona così, non puoi fartela scappare e, alla fine del volo, al bar dell’aeroporto, la assunsi. Poi è cresciuta e ora guida diversi progetti.
Già in aereo mi raccontò di come fosse nata Gioia, la novenne che, sulle nostre chiacchiere, s’era addormentata. Allegra era stata picchiata, stuprata, messa incinta dal suo vicino, ma dopo avergli rotto un vaso tra orecchio e nuca, lo aveva immobilizzato e spedito in galera. Senza neanche il tempo per far albergare dolore e rabbia, seppe di essere incinta. Decise di non abortire, trasformando la sua frustrazione in gioia, da cui il nome della figlia. Con un linguaggio semplice, ma crudo, decisa a non mentirle mai, le ha già spiegato di quanto sia stato diverso il processo, ma quanto più solido e importante sia il risultato, senza farla sentire orfana o diversa. Da quel giorno, inoltre, aiuta le donne senza la sua stessa forza, battaglia nella quale, in azienda, siamo intervenuti a sostenerla.
È forte, serena, sicura, determinata, ma sembra sempre che stia riparando a un danno, senza averne colpa.