Quant’è bastarda la memoria. Solo a volte, almeno.
Camminavo tranquillo e, d’improvviso, il verso di un gabbiano mi ha sorpreso e traghettato fuori dai miei pensieri sconnessi, deviati, però sereni.
E, quell’urlo inaspettato, ha riportato in superficie una serie di sapori, emozioni, profumi, immagini, umori, tutti belli, profondi e, soprattutto, miei. Ho cominciato a pregustare un fiano aromatico e freddo, delle ostriche crude su un letto di ghiaccio e quel tavolo proprio di fronte il mare, poi… Per non parlare del sole che scalda la pelle e da cui sale, l’attimo dopo, il tuo odore.
A un certo punto, ho risentito il gabbiano, come se mi chiamasse e mi sono girato, quindi.
Ho realizzato solo in quel momento che garriva, sì, ma non a me: si stava contendendo con un topo l’immondizia di Roma. Ero a due passi dal Colosseo, ma mi è parso il posto più brutto del mondo, ingannato dal clic sbagliato, pigiato nella testa. Mi sono sentito defraudato, spolpato da una realtà, la mia realtà che con la mente, ormai, era già in corso. Sono tornato alla macchina, per andare a Fregene e vivere almeno qualcosa, di quello che si era creato.
Non mi ha mentito, lo so, ma è brutto che la memoria tiri questi scherzi, ma non ha colpa che a Roma ci siano i gabbiani!