Mug blu – Con la porta aperta

#come_nascono_i_racconti

Ogni racconto ha una sua vita e una sua storia.

Avevo premuto con rabbia il polpastrello sull’icona rossa dello smartphone, per chiudere una telefonata molesta. Con violenza, poi, l’avevo lanciato sul piano, nemmeno fosse colpa di quel povero aggeggio l’avermi fatto sbraitare con un cialtrone. Per sfogarmi andai direttamente alla macchinetta del caffè, come a farmi consolare da un amico.

Anziché ritornare alla scrivania, ripiegai verso la finestra, per guardare la pioggia scendere e mettere una distanza tra me e quel malessere. Più sorseggiavo il caffè più mi rilassavo. La pioggia lavava l’aria, il caffè puliva me. Decisi di dedicargli qualche riga, per ringraziarlo. Avrei fatto un’ode, conclusi. Come quella al pomodoro, vaneggiai.

Una volta seduto, realizzai di non essere Neruda e non sapevo come uscirne. Però, volando basso è nato Mug blu.

Il seguito è finzione della mente, nella realtà delle parole.

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I Baldi – Con la porta aperta

#come_nascono_i_racconti

Ogni racconto ha una sua vita e una sua storia.

A due passi dall’albergo scovai un parco, pieno di panchine, di alberi e di verde, con un anello intorno, ideale per la corsa. Così andai a correre, immerso totalmente nei pensieri, credevo che sarei stato da solo, mi trovai invece circondato da cani, dog-sitter, runner. E una vecchietta, ma senza gli umarell. Tanta roba, insomma per non farci qualcosa. Inconsapevolmente, accelerai la corsa, scoprendo energie ignote e un’allegrezza di fondo. Uscii velocemente dalla doccia, approdai al tavolino di un bar – perché faceva tanto Hemingway – e ancora più velocemente dai tasti uscirono “I Baldi”, cugini di secondo grado. Quella sera di giugno 2018 arrivarono stelle nel cielo, risate nel cuore e uno spritz a brindare con Milano.

Il seguito è finzione della mente, nella realtà delle parole.

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Meno di tre passi – Con la porta aperta

#come_nascono_i_racconti

Ogni racconto ha una sua vita e una sua storia.

Era il 22 luglio 2018, una domenica. E aspettavo. Tante cose e una persona.

A Noto, sulla via principale c’erano, ovunque, il caldo e la bellezza siciliani. E per cercare di smorzarne uno e ampliare l’altra, mi rifugiai in un Inzolia freddo, di fronte il Duomo. Ma l’Inzolia fece altro: sprigionò dai ricordi gli spettacoli tra le calette e mi presentò un uomo e la sua sirena, forse intravisti altrove.

Con l’odore del mare che sentivo addosso, con il profumo del vino dal calice al naso, nacque “Meno di tre passi”. Senza ingannare l’attesa, creando un’ora di spazio, un’ora di vita.

Il seguito è finzione della mente, nella realtà delle parole.

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Irish – Con la porta aperta

#come_nascono_i_racconti

Ogni racconto ha una sua vita e una sua storia.

Mi frullava in testa una trama strana e, per questo, mi intestardii. Una storia difficile, cruda e solo un personaggio forte e interessante poteva assumersene l’onere di realizzarla. Era lì che mi infastidiva, si intrometteva nei pensieri. Dovevo liberarmene.

Casualmente, una sera, lo scoppiettio di un fuoco liberò, dai ricordi assopiti, una donna conosciuta anni prima, la sua voce e i suoi gesti e i suoi sguardi. Poi realizzai di quanto fosse solo una ragazzina. Diversa, però. Scaltra, forbita, ironica, irriverente, a tratti stronza, forse. Determinata, capace e bella, pure. Avevo trovato la mia protagonista. E nacque “Irish”.

Il seguito è finzione della mente, nella realtà delle parole.

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Trilogia delle donne dell’acqua di Marilena Lucente

È un libro di sentimenti forti e contrapposti, ma mai distanti.

Solo Marilena Lucente poteva realizzare un’opera sulle donne, così difficile per le donne, senza il rischio di deragliare nella demagogia, nell’aria delle parole vuote, dette perché dovute, ma non proprie.

Così la scelta delle protagoniste: non donne semplici, con percorsi lineari, idolatrate magari, dal like facile, per intenderci. Donne, invece, con addosso decisioni definitive, discusse, che hanno fatto scelte determinanti, definitive. Con coraggio e follia.

Leggere questo libro non è leggere l’autrice, che è riuscita a farsi “da parte”, però rimanendo vigile, è parlare direttamente con Medea, Didone, Penelope: sentirle pronunciare parole che fanno male “Le mie parole non gli parlavano più“ …che c’è di peggio? Come si fa a non andare avanti e volerne sapere di più?

È prosa, d’accordo, ma – so di averlo già detto per un altro suo libro – è strapiena di poesia, di quella che ti fa stare bene, quella che dà un senso alla lettura, alla serenità, alla vita.

Ogni racconto, ogni pezzo dell’avventura delle tre donne è un distillato di parole, ognuna al posto giusto, nessuna di troppo, ognuna con un ruolo preciso e un’anima propria. A “Medea è un nome addormentato che abita tutte le donne” …cosa si potrebbe aggiungere se non un applauso?

La scrittura di Marilena Lucente non è mai banale, mai una frase fatta, ti prende per mano e ti porta in giro per le pagine, nelle pagine, senza farti sentire il peso di diventarne dipendente e, per questo, senza lieto fine, perché all’ultima riga hai terminato un viaggio che speravi durasse di più.

Comprare “Trilogia delle donne dell’acqua” non è acquistare un libro, è un biglietto per il Paradiso, con Beatrice come guida. Grazie Marilena!

Le interviste di Lego et cogito

Ho il piacere di comunicarvi che sono stato intervistato da Marianna Visconti, per il blog “Lego et Cogito”.

Abbiamo parlato un bel po’ della raccolta di racconti “Con la porta aperta” e anche un po’ di me, dei miei autori preferiti e del perché scrivo.

Ringrazio tantissimo Marianna per la cordialità, la professionalità, la precisione con cui ha eseguito il tutto e Giovanna Di Benedetto per la foto.

Dopo aver letto l’intervista, fatemi sapere che ve ne pare! Leggi l’intervista

Cari lettori e Care lettrici, 

Benvenuti/e al consueto appuntamento con Le interviste di Lego et Cogito. L’ospite della settimana è Michele Palmieri, autore di Con la porta aperta – 12 storie. Le storie descritte in quest’opera fanno parte di un quotidiano comune, in cui ognuno/a di noi riscontrarle sulla propria pelle; inoltre, i racconti si differenziano, volutamente, non solo per la trama ma anche nella narrazione, nella lunghezza, nel lessico utilizzato. Nel corso dell’intervista, l’autore ci parla approfittamente di tale opera, per cui, con sommo piacere, vi lascio nelle sue mani. Buona lettura. 

Ciao Michele, presentati alla nostra community e parlaci un po’ di te. 

Ciao e grazie a tutti: sono un sales manager e mi reputo fortunato a poter fare il lavoro che mi piace. Mi gratifica guidare e formare un team, dando un contributo alla crescita dell’azienda.

Il mio sogno nel cassetto resta produrre vino e distillare brandy, ma nell’attesa scrivo, principalmente racconti. Proprio da uno di questi è nato Whitaker, di cui scrivo su www.palmierimichele.it e su https://www.facebook.com/albertedwardwhitaker, che si sta creando un suo piccolo seguito, decisamente più di me! 😉 

Quando è nato in te l’amore per la scrittura? 

Diciamo che c’è da sempre, a partire dalle “conclusioni” nei boy-scout e dai temi delle medie, ma da circa quindici anni, dopo tanto allenamento nella lettura, mi sono dedicato alla scrittura. Quattro anni fa, poi, dopo un corso e un workshop di scrittura creativa, ho cercato di disegnare un percorso a quanto usciva dalla penna.

Qual è il tuo libro preferito? 

Questa è una domanda che mi mette sempre in difficoltà: mentre penso a un titolo, ne spunta un altro a correggerlo, ma per citarne uno, non come preferito, quanto come opera che mi ha colpito molto, penso a Giuda, di Amos Oz.

Qual è l’autore o l’autrice a cui ti ispiri particolarmente? 

Sono diversi e ultimamente ho imparato a spaziare molto di più tra autori e generi, ma i principali sono Faletti per le emozioni, Bukowski per l’ironia, Palahniuk per la crudezza.

Parlaci del tuo libro: Con la porta aperta. Di che tratta e quali tematiche affronta? 

Sono dodici racconti, molti diversi tra loro: alcuni temi sono leggeri, tipo “abbordare” una ragazza, altri più impegnativi, contro la violenza sulle donne, per esempio.

C’è lo spazio per riflettere, per farsi una risata, per incazzarsi o indignarsi, senza giudicare, ma solo portandosi a casa delle esperienze.

Parlano delle relazioni, tra amici, parenti, amanti, conoscenti. La relazione predominante, però, è quella che ha il protagonista con sé stesso, il suo profondo legame con le cose, i luoghi, i modi di affrontare la vita. 

In ognuno dei racconti c’è o si vuole lasciare una traccia, ma si cerca di farlo con il contributo del lettore, con le sue esperienze e coinvolgimenti…da qui il titolo “Con la porta aperta”.

Qual è il fil rouge che lega assieme i vari racconti? 

Le emozioni e, soprattutto, quello che scatenano dopo, dentro. Spesso ci vediamo costretti – soprattutto da noi stessi – a indossare la maschera delle emozioni, obbligati a esprimerle, ma lasciandole trasparire solo in un certo modo e tipo. Queste storie, invece, vogliono costruire una stanza, intima e segreta, in cui il lettore possa dare sfogo, senza filtri, a quello che si forma veramente e senza la necessità di doverlo dire.

Che messaggio intendi trasmettere con quest’opera? 

Quello che mi sono voluto ripetere, con questi racconti, è che di realtà ne esistono di diverse e non sono mai preconfezionate. Noi non cambiamo, ci evolviamo, pescando sempre nelle nostre esperienze, nei ricordi, nel vissuto, nel percepito, soprattutto. Se spostassi Arturo di Vendo capuanelle in I Baldi, e viceversa Andrea, verrebbero fuori storie completamente diverse, così ne verrebbero fuori altrettante, se fossi io a calarmi nei panni dei personaggi. Questa precarietà e questa mutevolezza della realtà sono il vero messaggio.

Chi è il lettore o la lettrice ideale del tuo libro? 

Il vantaggio di una raccolta, rispetto a un romanzo, è proprio quella di presentare molti più protagonisti. Ce n’è uno per ogni gusto, insomma. Inoltre, come dicevo, anche i racconti non trattano un tema unico. Ne consegue, quindi, che il lettore rientra in una fascia decisamente ampia. Se proprio dovessi segmentare, direi dai 20 ai 65 anni.

Se ti va, ci lasci una citazione particolarmente significativa del libro? 

Certo e, visto che mi piace strafare, ne evidenzio due.

La prima, dal racconto I Baldi:

Quando al parco vedo qualcuna carina, con o senza cane al seguito, tra me e il rottweiler scatta una muta complicità, dove lui intrattiene la bestiola di turno, generalmente minuscola rispetto a lui e io la sua padrona oppure, per quelle senza animali, comincia a guaire malinconico, abbassa la testa, assume un’espressione languida e addolorata, manco gli avessero investito il gatto. Nessuna gli resiste, devono coccolarlo. E, tornati a casa, lo premio con una porzione extra di Dentastix.

La seconda, dal racconto Quante vite, Ari:

Tante volte ho pregato che tirasse fuori la sua pistola e …bang! Tutto finito nel buio e in un rumore che non so se avrei sentito. 

Ogni singola, maledetta, stracazzo di volta ho pregato. Forse era una piccola follia, ma era l’unica strada che vedevo per uscire dall’inferno. Però, non l’ha mai tirata fuori dalla fondina in cuoio, scurito dal tempo, e non ha mai sparato e non mi ha mai ammazzato. La minaccia, invece, è sempre stata presente e con una forza molto maggiore di quel proiettile che, talvolta, mi sembrava di intravedere dalla canna e che, anche da lì, provocava dolore, molto dolore.

Marianna Visconti 

Malevite di Marilena Lucente

Leggi il primo rigo di ogni racconto e comprendi il significato di “incipit”, come dovrebbe essere sempre, per legge.

Poi, vai avanti, ogni parola calibrata, ogni frase sussurrata, ma colpisce forte, prende e porta altrove. All’inizio, come se non capissi o non cogliessi, segui fedelmente i passi lenti e solidi dell’autrice, scendi i gradini con il buio intorno e l’arancio ruggine negli occhi — come in copertina — ti ritrovi giù, a tu per tu con la tua anima, nella tua anima. E tutto diventa chiaro, quindi.

Metti a posto, sistemi, allora, sei costretto a far spazio a quei personaggi che resteranno lì, da ospiti a padroni.

Quella di Marilena Lucente è una scrittura potente e pericolosa.

Potente perché si impone senza alzare la voce, senza panegirici, ma con perfezione stilistica e maturità, fuori dal comune. C’è poesia. Ovunque.

Pericolosa, perché ti avviluppa, ci resti dentro e lei addosso e conquisti dolore e gioia, serenità e rabbia.

E, impotente, corri il rischio di dover leggere per sempre! Impari ad amare anche i personaggi secondari, e quelli scomodi e cattivi. Sette vite in sette racconti, sette vite che si condensano e realizzano in sette attimi eterni. Una lettura imperdibile.

Whitaker

Con il tempo si fanno dei calcoli strani. Io, negli ultimi sei, mi trovo cresciuto di dieci e, nei precedenti dieci, mi sentivo avanzato di quattro.

Matematicamente sono indietro, ma mi sento a credito lo stesso. Sarà l’egocentrismo, penso. E mentre cerco un modo onorevole per uscire da questo pensiero ingarbugliato, sfuso, infruttuoso, A. bussa alla mia porta. In reception, c’è un cliente recente imbestialito. Decido di riceverlo, anche se mi rompe fare incontri improvvisati.

Entra quest’omone, con almeno due chili di riccioli ribelli e le guance paffute e rosse, come i neonati. Non mi dà il tempo di presentarmi che mi sbraita contro tutta la delusione, l’amarezza, la rabbia. Non mi resta che lasciarlo sfogare, anche perché dovrei colpirlo con un dardo per sedarlo e scopro, alla fine, che non è insoddisfatto del prodotto, del servizio, delle persone. No, niente di tutto questo, vuole le coccole, il pacioccone. Essendo partito a razzo, si aspettava che la proprietà andasse da lui, lo riverisse, lo facesse sentire importante, vuole i fiori, insomma.

«Come la capisco, caro E.» gli dico serio e continuo

«Pensi che ho avuto due Jeep e una Alfa, ho comprato una ventina tra iphone, ipad, imac e John Elkann e Tim Cook non mi hanno mai nemmeno chiamato. Per non parlare di quell’ingrato di Jack Daniel: manco gli auguri per Natale mi manda!» Esce salutandomi con un cenno della mano e i riccioli che, piano piano, gli si allungano sulle spalle flosce. Muove un po’ d’aria che mi arriva in faccia. Qualche anno sento di averlo recuperato e sorrido beato.